Un decreto del governo mette in crisi il grano duro bio siciliano?
La Sicilia agricola si mobilita contro il Ministero Gian Marco Centinaio. Al centro della polemica un decreto firmato dal ministro delle Politiche agricole Centinaio che, secondo gli agricoltori siciliani, si cerca di ridurre la produzione di grano duro biologico. Il testo del decreto aggiorna l’obbligo di rotazione delle culture a tre anni, già imposto da un decreto del governo Berlusconi nel 2009, e sostituisce le parole ‘cicli colturali’ a ‘colture principali’.
Sembrerebbe un dettaglio ma non è così, almeno stando ad alcune dichiarazioni. A scatenare la polemica sul sito inuovivespri.it, Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia, e Giuseppe Li Rosi, dell’associazione culturale di agricoltori e di allevatori siciliani, Simenza, i produttori si trovano a sperare in una deroga della Regione per continuare a produrre grano ogni due anni e non ogni tre. Ma se per Pottino la decisione è frutto di una sbagliata ingerenza burocratica, secondo Li Rosi si tratta di una scelta politica, essendo il grano bio una produzione molto presente nel meridione, e non essendo prevista la rotazione di tre anni né per il grano convenzionale né per il riso, coltivazione tipica del settentrione.
Intanto Roberto Pinton, presidente di Assobio e esperto del settore, interpellato da il Salvagente, cerca di calmare le acque e dichiara: “Chiariamo subito che è vero che il decreto recente è profondamente sbagliato– spiega Pinton – ma non per inesistenti motivi politici, o per mosse anti-meridionali. Il punto è che così il ministero fa un’invasione di campo. Né per il convenzionale, né per il grano bio negli altri paesi esiste una norma che non solo obbliga la rotazione a 3 anni, e perché non a 5 o a 7? E ancora più assurdo è che metta bocca anche su che tipo di coltura piantare durante la rotazione, scelta che dovrebbe competere solo all’imprenditore agricolo”. Secondo l’esperto di Assobio, infatti, “La legge deve stabilire la correttezza del metodo di produzione biologica, non imporre una coltivazione invece di un’altra”.
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